Scritto da CARLO ALBERTO BUCCI – la Repubblica

In mostra anche Hopper, Morandi, Kandinsky, Rothko. Si disegna un itinerario diacronico dentro l´arte dell´Otto e del Novecento


La donna sta seduta sul letto e guarda fuori dalla stanza, verso le prime luci del giorno. È il Sole del mattino che la illumina e che imprime sulla parete disadorna un quadrato luminoso. Un quadrato nel quadro, ma anche la proiezione della città americana “ritagliata” dalla finestra aperta sul paesaggio. L´opera del 1952 di Edward Hopper – arrivata alla mostra di Genova su Van Gogh e il viaggio di Gauguin dal Columbus Museum of Art, Ohio – fotografa una situazione antitetica rispetto al tema del viaggio inteso come movimento; all´incedere solenne del Seminatore di Van Gogh, in quel “primo passo” che porterà agli albori del Novecento i futuristi a sintetizzare le forme dinamiche nello spazio e nel tempo.
In attesa di qualcosa, come le Dame di Carpaccio aspettano gli uomini impegnati nella caccia in valle, la modella di Hopper sta da sola, e ferma, sulla soglia del giorno, in bilico tra realtà e astrazione. Il Sole del mattino è uno degli innesti (35 opere, prestiti internazionali di prestigiosi musei) apportati fuori dal tempo di Van Gogh e Gauguin, il corpo principale della mostra, da Marco Goldin. «Anche quando il viaggio nasce da un luogo, è sempre un viaggio interiore» sottolinea il critico trevigiano.
Viaggiare stando fermi, insomma. Come ha fatto Giorgio Morandi, presente a Genova con, tra l´altro, due paesaggi del 1943 colti sull´Appennino emiliano, uno dei pochi viaggi “reali” che il maestro italiano si concesse lontano dalle nature morte allestite nell´atelier di via della Fondazza a Bologna. E come fanno le “figure che guardano”, una delle sezioni che compongono la mostra genovese: la Ragazza che guarda il paesaggio (1957) dell´americano Richard Diebenkorn, ad esempio; o la Figura sulla riva del mare (1952) del francese Nicolas De Staël.
America e Europa sono le due latitudini che si confrontano in questa mostra nella mostra. Ed è il viaggio alla conquista del West quello intrapreso da Albert Bierstadt di cui sono esposti Nella Yosemite Valley (1866) e, dell´anno dopo, Tra le montagne mentre all´esplorazione dell´Est il visitatore è portato da Edwin Church (1826-1900), lungo quella costa del Maine frequentata anche, nel ´900, da Andrew Wyeth (5 opere: da Mattina di Natale del 1944 a Secca nel fiume del 2003). E se l´orizzonte “americano” segnato da Mark Rothko con due essenziali, straordinari dipinti degli anni Sessanta (dalla National di Washington e dallo Stedelijk di Amsterdam) è vicino a quello dei Tre paesaggi marini eseguito il secolo prima da Turner (1827, Londra, Tate), la sezione sulla pittura europea muove del sentimento romantico della Barca sull´Elba nella nebbia del primo mattino di Friedrich (1820-25), si infiamma nelle tempeste di Turner per placarsi nelle Ninfee (1905, Boston, Museum of Fine Arts) del giardino di Monet a Giverny.
Un percorso diacronico dentro l´arte dell´Otto e del Novecento quello disegnato al palazzo Ducale di Genova intorno, e dentro, il faccia a faccia tra Van Gogh e Gauguin. «È una mostra molto personale la mia – spiega Goldin – fatta anche di intrecci di natura letteraria: dai Quattro quartetti di Eliot alla poesia di Attilio Bertolucci». Nel secolo della velocità, un «viaggio interiore, di naturale spirituale». E la strada porta così dritta a Wassily Kandisky, all´autore dello Spirituale nell´arte, il padre dell´astrazione del Novecento, di cui sono esposte cinque dipinti, dal 1908 al 1917, della galleria Tretyakov di Mosca.