Scritto da Paolo Conti – Corriere della Sera

Una riflessione su nomadismo e meticciato a Palazzo Grassi
 «Il Mondo vi appartiene» . Che slogan luminoso e ottimista, di questi tempi in cui la guerra è veramente alle porte di casa nostra e soprattutto si affaccia sul Mediterraneo. Eppure la frase tanto piena di speranza, e diretta alle nuove generazioni, viene dalla Signora dell’Adriatico, avamposto proprio del Mediterraneo, ovvero dalla Serenissima. Tra poche settimane Venezia riprenderà il suo ruolo di capitale mondiale dell’arte contemporanea. Tornerà la Biennale di Venezia (per venerdì è atteso l’annuncio ufficiale della lista degli artisti da parte del presidente Paolo Baratta e della curatrice Bice Curiger per la rassegna «ILLUMInazioni» ). E l’universo di François Pinault, grande industriale e altrettanto grande collezionista di arte contemporanea, metterà in tavola le sue carte tra Punta della Dogana, dove il 10 aprile aprirà la mostra «Elogio del dubbio» , e Palazzo Grassi, marchio doc di mostre eccellenti dai tempi in cui la padrona di casa era la Fiat. La mostra che aprirà il 2 giugno a Palazzo Grassi, per chiudere il 31 dicembre (tutti i giorni, dalle ore 10 alle ore 19, tranne il martedì), sarà «una riflessione sui ritmi vertiginosi degli sconvolgimenti del mondo moderno, nutriti dal nomadismo, dal cosmopolitismo e dal meticciato» , come si legge nella presentazione. Lo staff di Pinault per Punta della Dogana e Palazzo Grassi, coordinato dal nuovo direttore Martin Bethenod e dalla curatrice, Caroline Bourgeois, è al lavoro a pienissimo ritmo. Non c’è una competizione dichiarata con la Biennale (Bethenod parla di «grande dinamismo» dell’istituzione culturale italiana che fa di Venezia «una piattaforma privilegiata dell’arte contemporanea» ). Ma dal momento in cui Pinault ha deciso di «mettersi in mostra» a Venezia con due straordinari spazi, i mesi della Biennale rappresentano un obbligo culturale per lui. Se non una sfida. Ed eccoci a «Il mondo vi appartiene» . Annuncia proprio Bethenod, che ha ormai chiuso la sua casa parigina per diventare veneziano a tutti gli effetti: «”Il Mondo vi appartiene”è un punto di vista profondamente rinnovato sulla Collezione François Pinault. Più della metà degli artisti sono esposti per la prima volta nel contesto della collezione, un terzo ha meno di 40 anni. Questa nuova generazione è estremamente mobile: la maggior parte degli artisti presenti in mostra non vive nel suo Paese o nel continente dove è nata» . Torna il concetto di nomadismo, del cosmopolitismo, del meticciato annunciato prima. E quindi il direttore dell’impresa culturale italiana di Pinault arriva a una deduzione: «Tutto ciò ci testimonia che il mondo non è più organizzato attorno a un unico centro, come era fino alla fine del XX secolo, ma a numerosi centri di creazione, che comunicano tra di loro» . Una questione non secondaria mette in discussione la stessa definizione e concezione di «arte nazionale» così come l’abbiamo conosciuta nel Novecento e che ha portato, tanto per fare un esempio, alla collocazione dei padiglioni nazionali nei Giardini della Biennale. E alla restaurazione del Padiglione Italia (quest’anno affidato a Vittorio Sgarbi). Aggiunge Bethenod: «In un mondo così tanto spesso minacciato dalla contrattura e dal ripiegamento su se stessi, la mostra tenta un approccio al tema dell’identità che non si fonda sulla rivendicazione di una nazionalità o sull’affermazione di un’origine, ma sul modo di costruire la relazione con l’altro» . Come scrive nella presentazione la curatrice Bourgeois ecco «un meticciato che va dalla tortura mediatizzata con i dipinti di Ahmed Alsoudani, al persistere della perplessità ingenua e spontanea negli uomini con la scultura poetica di Friedrich Kunath, alla monumentalità fuori moda delle grandi figure comuniste con i quadri di Zhang Huan, dal denudamento della ricca cultura africana e afroamericana con El Anatsui e David Hammons, alla minaccia terrorista con l’opera di Huang Yong Ping, all’apocalisse annunciatrice di un mondo post-umano con Loris Gréaud e Matthew Day Jackson» . Trentanove artisti molto giovani e in gran parte esordienti sulle scene di Pinault. Ma tra loro non mancano nomi molto noti, ormai parte della storia dell’arte dei nostri tempi: Alighiero Boetti o Giuseppe Penone. E poi Maurizio Cattelan, Jeff Koons, David Hammons, Francesco Vezzoli e Joana Vasconcelos, autrice alla Biennale 2005 del monumentale lampadario composto da 14.000 assorbenti femminili interni OB. Tra le mille possibili suggestioni, una in particolare richiama i nostri tempi drammatici. Farhad Moshiri, classe 1962, nascita iraniana a Shiraz, vive e lavora tra Teheran e Parigi. Presenta una scritta multicolore su un muro in lieve, elegantissimo, rassicurante corsivo: Life is beautiful. Poi ti avvicini, guardi e scopri che tutto è formato da una serie di coltelli di diversa foggia e colore piantati sulla parete. La vita può essere meravigliosa. Ma a che prezzo.