Ultimo aggiornamento Giovedì 13 Ottobre 2011 06:49 Scritto da LEA MATTARELLA – la Repubblica

La breve stagione dell´avanguardia dopo la Rivoluzione russa: il Costruttivismo
La ragazza sorridente che incita alla lettura, creata da Aleksandr Rodcenko per la pubblicità della sezione di Leningrado della casa editrice di Stato nel 1925, è un´immagine-simbolo. Concentra in un grido gioioso il racconto del sogno, dell´illusione, della grande utopia di un popolo e di un gruppo di artisti che credeva davvero di poter cambiare il mondo. Com´è andata lo sappiamo tutti, ma in quel momento, come afferma Ol´ga Sviblova curatrice della personale che Palazzo delle Esposizioni dedica a questo grande rivoluzionario dello sguardo, «sperimentazione artistica e sociale coincidevano».
E così ecco Rodcenko attraversare la fotografia, il cinema, il fotomontaggio e inventare un linguaggio per il nuovo spirito dei tempi. Nato nel 1891 a San Pietroburgo e scomparso nel 1956 in una Russia diventata Unione Sovietica che, dagli anni Trenta in avanti, ne aveva mortificato l´entusiasmo rivoluzionario fino a impedirgli di lavorare espellendolo dall´Unione degli artisti, questa figura poliedrica è stata una delle più affascinanti dell´avanguardia russa nel suo movimento più significativo: il Costruttivismo. Gli scatti e le invenzioni dell´artista, circa 300, sono raccolti in questa esposizione e rivelano tutta la modernità di un punto di vista che niente ha a che vedere con il “realismo socialista” teorizzato dal governo sovietico come stile necessario al nuovo corso politico. Da qui le sofferenze e le fatiche di un uomo che diceva: «Voglio guidare il popolo all´arte, non usare l´arte per condurre il popolo chissà dove», e nei suoi diari prometteva di non fare più le “prospettive sbagliate” che tanto disturbavano i governanti. Ma poi aggiungeva: «non posso farci niente, la mia mano va da sola». Ecco i geniali fotomontaggi, gli interventi per libri e riviste: figure che si sovrappongono e si accavallano, inventano spazi, modificano la realtà con ironia, divertimento, senso della cronaca. «La fotografia è scrittura dei fatti» affermava. In bianco e nero scrive la storia di un momento che cercava di essere eroico ed è diventato tragico. Lo fa inquadrando i volti, come quello, celebre, della madre, ma anche quelli di attori, poeti, scrittori, la moglie Varvara Stepanova, artista come lui, indimenticabile con la sua sigaretta tra le labbra. Anche Majakosvkij fuma e guarda nell´obiettivo, siamo nel 1924; si ucciderà sei anni dopo.
Ma la cosa straordinaria di Rodcenko è la singolarità del punto di vista sulla città: diagonali, vedute dall´alto e dal basso rendono dinamici i palazzi e le piazze di Mosca. E anche la vita dei suoi abitanti. Ci sono scale, gradinate e reticoli di ombre che sono capolavori di silenzio. E poi momenti in cui anche la folla sembra ordinata. Niente è come sembra. Rodcenko inquadra un mondo inclinato che non può certamente piacere al regime. Anche quando realizza reportage sullo sport, sulla gioventù sovietica, sui lavoratori, la sua mancanza di retorica, il suo occhio concentrato sull´inaspettato sono sempre un inno alla libertà, quasi una denuncia del fatto che l´Unione Sovietica vuole trasformare gli esseri umani in ingranaggi di una macchina terribile. Inquadra la natura e chiama i boschi Legname, per evocare subito l´idea del lavoro, delle costruzioni a cui questo materiale sarà destinato. E tuttavia non riesce a tradire il suo sguardo romantico: file di pini che svettano in uno spazio infinito. Ma nei suoi scatti malinconici di foreste in bianco e nero, qualche albero si spezza. «Come fosse una metafora della vita e degli ideali di Rodcenko» suggerisce la Sviblova.